Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

venerdì 24 febbraio 2012

Occasione di festa numero 146.


E' probabilmente una constatazione oggettiva definire gli R.E.M. come una delle band più importanti degli ultimi trent'anni. Un percorso a suo modo magico, lineare, e soprattutto esemplare per il modo con cui il gruppo ha saputo gestire la fama e la propria integrità artistica. Gli R.E.M. sono i papà di tutte le alternative e indie band degli ultimi vent'anni, hanno stabilito un canone soprattutto etico e aperto la strada anche al successo commerciale di questo tipo di musica (con un picco nella prima metà degli anni Novanta). E quando da quartetto, loro malgrado, sono diventati un trio, hanno smesso di essere un punto di riferimento per diventare dei classici, eleganti e onesti, anche se spesso in difficoltà, salvati dal mestiere e da un'innata, preziosa capacità di scrivere grandi canzoni. 
La storia, come si diceva, parte da lontano. E' il 1979 quando ad Athens, Georgia, Michael Stipe incontra il futuro chitarrista Peter Buck nel negozio di dischi dove quest'ultimo lavora come commesso. Condividendo gli stessi gusti musicali, in specie la passione per Patti Smith, i due diventano presto amici. Dall'incontro con Mike Mills e Bill Berry, due ragazzi che studiavano all'Università della Georgia e che suonavano insieme fin dal liceo, nasce l'idea di comporre alcune canzoni: il primo concerto ufficiale si svolgerà il 5 aprile 1980, per il compleanno dell'allora fidanzata di Bill Berry, e segna la data ufficiale di nascita della band. Il nome R.E.M. pare sia stato scelto a caso dal dizionario, e sta per Rapid Eye Movement, il movimento molto veloce delle pupille durante la fase onirica.

I ragazzi, con umiltà e la giusta spensieratezza, portano il loro power pop indiavolato in giro per il circuito universitario degli Stati Uniti meridionali, muovendosi su un furgone sgangherato e suonando nei posti più impensati (uno strip club e una base militare, tra gli altri): ma è solo così che vengono notati da quello che diventerà il loro manager, Jefferson Holt. Nell'estate del 1981 registreranno quindi il loro primo singolo ufficiale, Radio Free Europe: un solare pop chitarristico sotteso da una enigmatica malinconia che, prodotto dall'esperto Mitch Easter, guadagnerà le lodi della critica e il favore del pubblico delle cosiddette college radio. Questo debutto, che li distanziava enormemente dalla contemporanea scena post-punk, li porta a incidere dapprima l'EP Chronic Town (1982) e in seguito l'album di debutto Murmur (1983). Sempre prodotto da Mitch Easter e inciso per la I.R.S Records, l'album è unanimemente considerato uno dei più folgoranti debutti della storia della musica pop. Le caratteristiche del suono che caratterizzerà il gruppo ci sono già tutte: gli arpeggi jingle jangle della chitarra di Peter Buck, l'alternanza tra la melodia e l'energia (preannuncio di quello che sarà uno dei leitmotiv del grunge), le reminiscenze country e folk, l'irruenza quasi punk (che li colloca nel solco dei loro contemporanei), le armonie vocali e soprattutto la voce unica di Michael Stipe, capace di rendere melodiosi anche dei suoni totalmente privi di significato. E poi un'innata eleganza, un saper fare le cose sempre nel modo giusto, naturale, semplice. Murmur, sebbene non raggiunga grandi risultati commerciali, è per Rolling Stone il miglior album dell'anno, addirittura più di Thriller di Michael Jackson, e sarà di grande influenza per tutti gli artisti cosiddetti indie degli anni a venire.

Il successivo Reckoning (1984) conferma la felice ispirazione del gruppo ma, nonostante il loro primo tour promozionale in Europa, gli R.E.M. continueranno ad avere successo solo in madrepatria. Peggio ancora, a livello commerciale, andrà con Fables of the Reconstruction (1985): l'album, considerato il più tetro e spigoloso della discografia della band, viene registrato in Inghilterra ed è il riflesso di un momento difficile per i nostri, costellato da tensioni che li porteranno sull'orlo dello scioglimento. E' un punto nodale, questo, per il futuro degli R.E.M.: dopo il folgorante debutto, la magia si era andata gradualmente perdendo. Era venuto il momento di svoltare, pena la ricaduta nell'anonimato delle altre mille college band americane.
La risposta arriva con gran forza nel successivo Lifes Rich Pageant (1986), che vede il gruppo di nuovo sugli scudi, vitale ed energico, e in cui emerge soprattutto l'accresciuta padronanza vocale di Michael Stipe: il disco segnerà il primo vero successo commerciale della band, anche al di fuori di quel circuito delle college radio che li aveva sostenuti fin dagli esordi. Insomma, la svolta è arrivata: manca la consacrazione. Che puntualmente arriva con Document (1987): prodotto da Scott Litt, l'album è una macchina da singoli, in quanto contiene alcuni dei brani ormai classici dei nostri come The One I Love e It's the end of the world as we know it (and I feel fine)
E' un disco dalle evidenti sonorità rock, contraddistinto da ritornelli perfetti, e il cui leitmotiv tematico è la marcata critica allo yuppismo anni Ottanta. Una presa di posizione che ritroviamo nel successivo blockbuster, Green (1988), il primo del cosiddetto periodo Warner, dal nome della major discografica che li aveva messi sotto contratto per la cifra di dieci milioni di dollari e per la durata di cinque album. Green, il cui titolo indica sia il colore del movimento ecologista che quello dei soldi, esce il giorno prima delle elezioni presidenziali, ed è un durissimo attacco all'amministrazione Reagan. E' un grande album pop, costellato di singoli di notevole successo come Stand, Orange Crush e Pop Song 89, e segna la piena maturazione della band come musicisti: per la prima volta, infatti, Buck Mills e Berry si scambieranno gli strumenti in alcuni brani, ed è proprio qui che, per la prima volta, compare l'uso del mandolino, che diventerà uno dei marchi di fabbrica del tipico R.E.M. sound. Il successo commerciale è finalmente mondiale: grazie all'adeguata promozione della nuova casa discografica, l'album è doppio platino negli USA e sancisce, dopo anni di tentativi falliti, il successo anche europeo.
Dopo un lunghissimo tour mondiale, l'8 marzo 1991 vede la luce Out of Time, settimo album in studio degli R.E.M. Quella che era una band di culto della scena underground, sebbene di grande successo, diviene ora uno dei gruppi più influenti al mondo, al pari dei contemporanei U2. E' insomma lo sdoganamento definitivo: con dodici milioni di copie vendute nel mondo e tre Grammy Awards vinti, Out of Time è uno dei bestseller della discografia degli R.E.M. Merito, principalmente, del singolo apripista: Losing My Religion. Il brano è un miracolo di pop music, sostenuto da un riff di mandolino (!) ormai entrato nella storia della musica, da un sottofondo di archi altamente evocativo e da una performance vocale di Michael Stipe accorata ed emozionante. Il videoclip promozionale, diretto dall'indiano Tarsem Singh, contribuì ulteriormente al successo del brano con i suoi colori saturati, l'atmosfera mistica e gli evidenti rimandi all'arte di Caravaggio e al cinema di Andrej Tarkovskij, e vinse ben sei MTV Video Music Awards. L'impostazione pop, già intravista nel precedente Green, qui interessa tutti i brani del disco, rendendolo tuttora il più accessibile al grande pubblico, fra tutti gli album della band. 
Ma, laddove molti altri artisti, dopo un tale exploit, avrebbero continuato all'infinito ad accontentare il pubblico ripetendo la formula del successo, gli R.E.M. sembrano intontiti, sorpresi, quasi a disagio. Sono sicuramente le loro origini underground a metterli nella condizione di fermarsi un attimo a pensare: e infatti Out of Time non verrà supportato da nessun tour.

L'album che seguirà sarà, nuovamente, inaspettato. E soprattutto sarà il grande capolavoro della loro carriera, quello che davvero metterà d'accordo critica e pubblico (diciotto milioni di copie vendute!). Un risultato difficile da decifrare, perché il disco abbandona le solari sonorità pop, le aperture, le ariosità del predecessore, per lasciare spazio a una vena malinconica e cupa interrotta solo dal divertissement The Sidewinder Sleeps Tonite. Automatic for the People (1992) è un album di sentimenti estremi: il tema principale è la morte, ma c'è spazio anche per l'invettiva contro Bush senior di Ignoreland, per l'insinuante sensualità di Star Me Kitten e per la nostalgia di Nightswimming. Fondamentalmente l'impostazione è acustica, e va ricordato l'apporto di John Paul Jones dei Led Zeppelin nell'arrangiamento degli archi (magistrale nella strappalacrime Everybody Hurts). In definitiva gli R.E.M., seppur più introspettivi, sembrano volersi mantenere sulla strada pop, che il pubblico continua comunque a premiare nonostante la coeva esplosione del grunge, quanto di più lontano ci sia dal sound di Automatic for the People. Tuttavia un successo così grande, e per giunta sempre crescente, li avrebbe potuti portare sulla pericolosa strada dell'autocelebrazione, del monumento a se stessi. Ma gli R.E.M. sono diversi.
E sorprendono, per l'ennesima volta, con Monster (1994), unanimemente considerato l'album più rock e chitarristico della loro carriera (è infatti l'album di Peter Buck). Qui, diversamente dal passato, l'influenza del genere di maggior successo commerciale - vedi: il grunge - si sente: fatto sta che Stipe e Kurt Cobain erano diventati amici poco prima che il cantante dei Nirvana morisse (di lui infatti parla il brano Let Me In). Gli R.E.M., nonostante l'album non sia di immediata fruizione e sia soprattutto molto diverso dai precedenti, colpiscono ancora nel segno e vendono ben dieci milioni di copie nel mondo. Ma è ciò che accade dopo che segna una nuova svolta: la band si imbarca nel primo tour mondiale dai tempi di Green. E succede di tutto: Mike Mills operato all'intestino, Michael Stipe di ernia e, soprattutto, l'aneurisma cerebrale che porta Bill Berry a rischiare la vita. Un periodo tormentato ma evidentemente ricco di ispirazione: è proprio durante il tour che vengono registrati i brani del successivo New Adventures in Hi-Fi (1996). Il disco è il primo della serie di uscite previste dal nuovo, sbalorditivo contratto con la Warner: 80 milioni di dollari per dieci album da far uscire con cadenza biennale (record per l'epoca). Tuttavia è un album ingiustamente sottovalutato, ricco di energia ma anche di reminiscenze del loro suono più acustico e malinconico, una sorta di summa della produzione precedente. E chiude un cerchio: nella splendida E-Bow the Letter, il gruppo duetta con Patti Smith, mito musicale della loro gioventù. Questo album viene però ricordato soprattutto per essere l'ultimo in cui suona Bill Berry, che lascerà la band nel 1997, ma è segnato anche dall'allontanamento del manager Jefferson Holt e dalla fine della collaborazione con lo storico produttore Scott Litt. 
Per molti, la carriera degli R.E.M. termina qui. Ma non è del tutto vero. Il successivo Up (1998) vede i tre membri rimasti resettare le proprie coordinate e le proprie modalità compositive, utilizzando spesso drum machine ed espedienti elettronici; Reveal (2001), molto più arioso e melodico, è ricco di ballate e ispirato al sound dei Beach Boys; Around the Sun (2004) è segnato dagli avvenimenti dell'11 settembre e dall'aspra critica alla politica di Bush figlio, ma risulta musicalmente debole e non ispirato; Accelerate (2008) è un gran colpo di coda, compatto, veloce, essenziale, in cui finalmente i tre superstiti sembrano divertirsi di nuovo; fino ad arrivare a Collapse into Now (2011), l'ultimo album della loro carriera. 
Col senno di poi, il disco reca in sé tutte le indicazioni di un futuro scioglimento, soprattutto perché, pur essendo composto di brani nuovi, fa riferimento a tutte le tipologie di sound riconducibili alla band - una sorta di greatest hits di inediti. L'album è favorevolmente accolto dalla critica, come il predecessore, ma la sensazione è che sia un'opera di mestiere, pur pregevole e di classe, come d'altronde tutti gli album rilasciati dopo l'abbandono di Bill Berry. Tutto questo, insieme alla decisione di non andare in tour dopo l'uscita del disco, portano al capitolo finale, ufficializzato il 21 settembre 2011 sul sito remhq.com: la band sceglie di concludere la propria carriera. E anche l'uscita di scena è contraddistinta da quella stessa classe, e discrezione, che la band fin dagli esordi aveva scelto come condotta. 



"To our Fans and Friends: As R.E.M., and as lifelong friends and co-conspirators, we have decided to call it a day as a band. We walk away with a great sense of gratitude, of finality, and of astonishment at all we have accomplished. To anyone who ever felt touched by our music, our deepest thanks for listening."








grazie a voi, per essere stati, a modo vostro, una parte della mia vita.

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